15.3.2021 – Mozione: salviamo l’allevamento ovicaprino in Ticino

 

Premessa generale

Sono trascorsi quasi vent’anni dalla prima predazione da parte di un lupo in Ticino e da allora gli allevatori di bestiame minuto sono stati confrontati ogni anno con la morte di parecchi animali, con l’incertezza e l’ansia che ogni giorno possa succedere qualcosa, con la consapevolezza che animali al pascolo ed espansione dei grandi predatori sono due realtà inconciliabili e con la certezza che le misure di protezione proposte dalle autorità sono poco efficaci e in molti casi nemmeno applicabili.

D’altra parte in questi vent’anni il numero di lupi è fortemente aumentato sia in Ticino, ma soprattutto nelle regioni confinanti e questo non può che creare un senso collettivo di negatività che porta alla chiusura ogni anno di diverse aziende agricole soprattutto di montagna, poiché “il futuro sarà peggio del passato”.

La Confederazione e il Cantone hanno cercato di rispondere a questa problematica con diversi atti legislativi, con aiuti finanziari, con studi e approfondimenti vari; parecchi parlamentari hanno espresso in molte occasioni l’insoddisfazione per i risultati ottenuti e proposto modifiche legislative di diverso genere.

Dopo vent’anni di disagi, tensioni, avversità e di fronte a una situazione sempre più insoddisfacente da tutti i punti di vista, è quindi opportuno tracciare un quadro generale della problematica e cercare di proporre qualche soluzione nuova poiché questo rapido aumento della popolazione di lupi nelle zone di montagna aumenta ancora di più la pressione sull’agricoltura, l’economia alpestre e il turismo alpino. La situazione è già oggi così precaria e tesa, che gli alpeggi devono essere scaricati prematuramente o persino non caricati. La bocciatura della revisione della legge sulla caccia nella votazione popolare del settembre 2020 ha peggiorato ulteriormente la situazione. Il rischio che diverse aziende alpestri abbandonino le loro attività è estremamente elevato. Lupi singoli o branchi di lupi si potranno incontrare all’interno o nei pressi degli insediamenti. In effetti, la paura naturale degli umani da parte di un numero sempre crescente di lupi è andata ormai perduta. Aumentano i conflitti nelle aree insediative e per quanto concerne le attività turistiche. Senza contromisure si rischia lo spopolamento accelerato di intere valli e la decadenza di molti alpeggi lungo l’intera area montana. La conseguenza di tutto ciò è un aumento dei pericoli e degli effetti ancora sconosciuti nella difesa dai pericoli naturali.

Il Governo federale è sotto pressione e deve agire a livello di ordinanze per mettere i primi paletti di una regolazione semplificata dei lupi e per rallentare la loro diffusione incontrollata anche negli insediamenti. Inoltre, le finanze federali devono essere aumentate in modo massiccio per compensare le misure di protezione delle greggi, senza però imporre ulteriori oneri ai Cantoni.

 

Il territorio ticinese

La morfologia del territorio del Canton Ticino è molto ben conosciuta, tuttavia un accenno è necessario per introdurre alcuni punti determinanti per quanto verrà trattato in seguito.

Oltre i 500 metri di altitudine si sviluppa circa l’83% della superficie cantonale. Un territorio che, rispetto ad altri Cantoni svizzeri e ad altre regioni di nazioni confinanti, è composto, al di fuori del fondovalle, soprattutto da pendii ripidi, rocciosi e boscati intercalati da brevi pianori prativi (i villaggi su terrazzi e i monti). Ad altezze più elevate sono frequenti avvallamenti di varia estensione dove non mancano, assieme a pascoli utili per la pastorizia, pietraie, rocce, zone arbustive e boscate (in altre parole, gli alpeggi). I dislivelli tra i villaggi, i monti e gli alpeggi sono in genere elevati e questi ultimi sono raramente accessibili tramite strade carrozzabili.

 

Un territorio altamente antropizzato e adatto alla pastorizia

Nonostante questo territorio tanto montagnoso e impervio, nei secoli passati esso è stato in larga misura trasformato dalle attività umane a causa della forte pressione demografica. All’inizio del Novecento in Ticino si contavano ancora circa 400 alpi caricati dove si alpeggiavano ogni estate 11’620 vacche da latte, 29’152 capre, 5’768 pecore e 5’859 bovini giovani (1).

Per la fascia dei monti non vi sono statistiche in merito, ma ricerche locali hanno evidenziato uno sfruttamento intenso fin verso il 1960 (2).

Negli ultimi decenni l’attività pastorizia su questo territorio è diminuita in modo importante, ma rappresenta ancora una possibilità di vita e lavoro per diverse famiglie e soprattutto è apprezzata da molte persone. Attualmente in Ticino gli alpeggi caricati sono ancora 189 sui quali ogni estate pascolano 3’800 vacche da latte, 5’962 capre munte (+3’152 altre capre) e 9’236 pecore adulte (3).

Un territorio molto ricercato e fondamentale nell’ambito del turismo escursionistico, interessante dal punto di vista culturale (un esempio avvincente dell’adattamento dell’uomo in passato a condizioni ambientali estreme), prezioso per la biodiversità che offre e sostenuto finanziariamente dallo Stato (pagamenti diretti agli agricoltori, politica regionale, sostegno per migliorie alpestri e strade forestali). Senza dimenticare i prodotti di grande qualità, spesso caratterizzati da importanti marchi di valenza federale (p. es. Marchio Ticino regio.garantie) che vengono fabbricati sugli alpeggi, ricercati e apprezzati da tutta la popolazione.

Utile è pure rilevare come le dimensioni delle aziende di base e di quelle alpestri siano a misura di questo territorio molto frammentato e limitato.

Nel 2017 la media delle capre munte delle 160 aziende è di 44 capi; quella delle pecore adulte (189 aziende) pure, mentre i 69 alpi caricati con pecore avevano una media di 134 pecore adulte e i 66 alpi di capre munte una media di 86 capi.

Purtroppo l’abbandono di questo territorio da parte dell’uomo è continuato anche negli ultimi vent’anni: il numero degli alpeggi caricati con capre e pecore dal 2009 al 2017 è diminuito del 25% mentre il numero degli animali alpeggiati del 15% circa. Nello stesso periodo il numero delle aziende di base è diminuito del 19%, mentre gli ovini allevati dell’11% e le capre munte del 2% (3).

Così ora a rendere vivo e a occuparsi della cura di questo impervio territorio sono rimasti in pochi: in particolare gli alpigiani che sugli alpeggi caricati con mucche e capre vi trascorrono tutta l’estate seguiti dai responsabili delle capanne alpine, dagli allevatori di ovini non custoditi e dagli addetti alla manutenzione dei sentieri.

 

Espansione del lupo

Il lupo è ricomparso in Ticino nel 2001 dopo 130 anni dall’ultima uccisione, con relativa taglia, dell’ultimo lupo ottocentesco (4).

Dal 2001 vi sono stati soltanto due anni senza predazioni (2002 e 2009).

Nei primi quindici anni si trattava di pochi lupi erranti; dal 2015 invece si è formata anche in Ticino una coppia stabile con la relativa cucciolata annua (Val Morobbia) così che nel 2017 si potevano stimare 11 lupi presenti in Ticino (5).

La situazione sta aggravandosi proprio in questi ultimi anni: nel 2020 si sono contati ben 20 predazioni accertate in Ticino distribuiti in quasi tutti i distretti. Un numero di eventi che non si era mai verificato negli anni passati dovuto verosimilmente all’aumento esponenziale di branchi e lupi erranti nelle regioni confinanti con il nostro Cantone (provincia Verbano-Cusio-Ossola; Cantoni Grigioni, Uri e Vallese) oltre naturalmente al branco della Morobbia.

 

Conflitti con la pastorizia

I dati ufficiali, che comprendono solo una minima parte di ciò che realmente sta accadendo, mostrano che tra il 2001 e il 2020 il lupo in Ticino ha effettuato 99 attacchi e ha predato 364 capi di bestiame domestico di cui il 75% ovini e il resto caprini. Se nel primo decennio i capi predati non raggiungevano la decina, in seguito ci sono stati anni molto più problematici (54 capi nel 2015; 27 nel 2017; 47 nel 2019; 59 nel 2020).

Le predazioni sono avvenute in tutti i mesi dell’anno. Nei mesi primaverili (aprile – maggio) si è avuta una media di 36,5 capi; in estate 37,2 capi mentre in inverno 18 e in autunno una trentina di capi ogni mese (6; Tabella 1 – Predazioni lupo in TI per anno; Tabella 2 – Analisi predazioni 2001 – 2020).

 

Soluzioni sperimentate finora per proteggere le greggi

Prima ancora della predazione iniziale di Monte Carasso, si era costituito in Ticino un Gruppo di lavoro composto da rappresentanti di diversi enti che, con il sostegno della Consulenza agricola e il coordinamento dell’Unione Contadini Ticinesi, aveva svolto un’inchiesta presso 791 allevatori di bestiame minuto (412 i formulari rientrati) conclusa con un rapporto sullo stato dell’arte (7).

Nel 2003 il Cantone aveva dato mandato al sig. Piermaria Piattini di svolgere una ricerca di più ampio respiro nell’ambito del “Service romand de vulgarisation agricole”. Anche in questo caso si erano svolte delle inchieste, raccolti numerosi dati sulle aziende, promossi dei seminari e ipotizzato delle soluzioni (8).

Una breve sintesi della ricerca era stata pubblicata nel 2005 con alcuni consigli per gli allevatori (9).

Nel 2003 era stato istituito anche il Centro di competenza greggi Ticino (Cecoti) la cui coordinatrice è stata la signora Chiara Solari Storni che ha operato fino al 2008 in collaborazione con il Coordinamento protezione greggi in Svizzera (vedi rapporti annuali).

In questo ambito dal 2002 al 2008 era stato sperimentato sugli alpi del Patriziato di Preonzo un alpeggio collettivo custodito da un pastore con cani da conduzione raggruppando oltre 500 ovini di 15 diversi proprietari. Predazioni non ve ne erano state, anche perché il numero di lupi era molto più basso di oggi, tuttavia le perdite di animali non erano state inferiori a un alpe non custodito mentre le difficoltà di gestione e di carattere finanziario erano risultate parecchie.

Ancora nel 2014 il Cantone e la Confederazione avevano dato mandato ad Agridea di svolgere una ricerca sulle possibili misure di protezione che si potrebbero mettere in atto nei vari tipi di gestione dei piccoli ruminanti in Ticino. Ricerca condotta dal sig. E. Nucera e collaboratori negli anni successivi su 20 aziende e 20 alpeggi (10), che ha dimostrato come 2/3 degli alpeggi considerati non sia proteggibile con delle misure di protezione delle greggi applicabili e efficaci.

Infine, un esame di tutte le aziende ticinesi da parte di un collaboratore della Consulenza agricola per valutare la proteggibilità delle stesse e le possibili misure da adottare è in fase di attuazione.

 

Tutto ciò che è stato ideato e esperimentato in questi primi 20 anni di presenza del lupo in Ticino e in Svizzera si basa sul principio che il lupo è un animale strettamente protetto (Convenzione di Berna del 1979) e che quindi l’unica soluzione per evitare predazioni è quella di proteggere le greggi da eventuali attacchi.

 

Gli obiettivi principali della Strategia Lupo Svizzera (11) sono infatti due:

  • creare le premesse necessarie affinché i lupi in Svizzera possano vivere e riprodursi come parte di una popolazione alpina;
  • impedire che la presenza del lupo comporti restrizioni inaccettabili nell’ambito dell’allevamento convenzionale e tradizionale di animali da reddito (raccomandazione del Consiglio nazionale del 2003).

 

Data la gestione dell’allevamento in Ticino che, come si è visto, si adatta perfettamente alla morfologia del territorio, questi due obiettivi si sono dimostrati inconciliabili. Infatti, finora, la Confederazione e il Cantone hanno proposto e in parte finanziato essenzialmente tre tipi di protezione:

 

  • L’allestimento di recinzioni elettrificate mobili (12).

L’esperienza pratica ha confermato in modo inconfutabile che ciò è possibile su poche aziende di fondovalle e su nessun alpeggio. Da aggiungere che eventi accaduti sia nel nostro Cantone che fuori di esso, hanno dimostrato che una recinzione elettrificata normale non protegge in modo efficace dal lupo. Significativo che nel novembre 2018 un lupo ha predato ovini all’interno di un recinto elettrificato montato a regola d’arte, mettendo in fuga le altre pecore, sul Piano di Magadino.

 

  • L’impiego di cani da protezione (13).

Anche in questo caso, le esperienze condotte finora hanno dimostrato che questa misura può essere applicata in pochissimi casi: presuppone la presenza continua di un pastore, una buona predisposizione dell’allevatore a interagire con i cani (non tutti i cani, anche se formati, in pratica si dimostrano adatti e efficaci; non tutte le persone sono in grado di gestire dei cani da protezione), la risoluzione di molti problemi soprattutto in rapporto ai turisti e al vicinato e, non da ultimo, un impegno finanziario non indifferente (14). Non è un caso se sono pochi in Ticino i gestori che hanno adottato questa soluzione. Alcuni di essi hanno persino desistito dopo alcuni anni di esperienze negative e a seguito di problemi di carattere giuridico. Infine ricordiamo che il cane da protezione permette di ridurre il numero dei capi predati, ma non li elimina del tutto.

 

  • La chiusura notturna delle greggi in stalla o in recinti a prova di lupo.

È una misura praticata dagli allevatori fin dalle prime predazioni negli anni 2000 anche se poco propagandata e sostenuta finanziariamente dalle autorità. È senz’altro efficace, ma presenta anch’essa grossi limiti. Sugli alpeggi non vi sono stalle adatte e le recinzioni possono essere fatte solo per gli ovini custoditi. Anche in questi casi, come si è verificato in Val Canaria durante l’estate 2019, è difficile trovare un terreno adatto. L’utilizzo ripetuto del medesimo recinto comporta la propagazione di malattie infettive, gli animali non possono pascolare di notte, a volte animali e pastori sono costretti a compiere lunghe e faticose trasferte giornaliere per raggiungere i pascoli e per rientrare nel recinto e la loro qualità di vita ne soffre. Per gli alpeggi con capre da latte, vi è il grosso problema aggiuntivo che per una buona produzione, le capre devono poter pascolare di notte, quando la temperatura è inferiore. In caso contrario, la produzione diminuisce e la salute degli animali ne risente. Durante la primavera e l’autunno è soluzione sempre più praticata, tranne che per le capre in asciutta, ma aumenta il carico lavorativo dell’allevatore, diminuisce la qualità di vita e la salute degli animali e non risolve il problema delle predazioni diurne.

 

La conclusione che si può trarre è che queste misure finora provate risultano per molte aziende inefficaci, finanziariamente insostenibili, inconciliabili con la morfologia del territorio e con la dispersione degli allevamenti e persino dannose per il benessere e la qualità di vita di animali e allevatori.

Una conclusione confermata anche in un documento recente della stessa Confederazione (15). I lupi predano ogni anno tra le 300 e le 500 pecore e capre. I loro attacchi colpiscono anche greggi protette da recinzioni o cani da protezione delle greggi dato che i lupi sono in grado di imparare come aggirare le misure di protezione.

 

Conclusioni

Per quanto riguarda il Canton Ticino si possono senz’altro riprendere le conclusioni espresse in occasione del Convegno citato (3):

  • Il settore ovicaprino è importante per le regioni di montagna.
  • Crea valore aggiunto a livello economico con i suoi prodotti quasi unici e di grande sostenibilità.
  • Concorre a mantenere famiglie attive sul territorio nelle regioni periferiche.
  • Frena l’avanzamento del bosco a vantaggio del paesaggio e della biodiversità.
  • Fa parte della tradizione e della nostra importante cultura rurale.

 

D’altra parte le conclusioni dello studio di Agridea (10), non lasciano spazi a molti dubbi sull’impossibile convivenza tra allevamento tradizionale ed espansione dei grandi predatori in Ticino:

  • Solo il 30% delle aziende visitate può proteggere efficacemente i propri animali senza adattamenti importanti.
  • Alpeggi a pecore: 90% degli alpeggi (60% degli ovini) non è custodito. Greggi troppo piccole per finanziare un pastore attraverso contributi d’estivazione.
  • Il periodo a rischio si protrae tutto l’anno ad esclusione del periodo invernale.
  • L’autunno è a rischio in particolare per le capre da latte in asciutta. Contatti meno frequenti, non ci sono più pastori, pascolo in zone morfologicamente difficili.

 

 

Proposte operative

Come primo punto riteniamo necessario esaminare se, nell’ambito della legislazione nazionale sulla caccia e in considerazione del dinamico sviluppo e della diffusione della popolazione di lupi, la sicurezza e gli interessi dei Cantoni coinvolti con la loro agricoltura di montagna e alpestre siano salvaguardati. In particolare per quanto riguarda:

  • le disposizioni e i regolamenti federali molto restrittivi,
  • il rapido aumento della popolazione di lupi in Svizzera,
  • le crescenti esigenze per quanto riguarda la protezione delle greggi e il conseguente abbandono delle aree di pascolo,
  • la crescente diffusione e presenza di lupi attorno e all’interno degli insediamenti. Oggi, mancano delle disposizioni di legge che consentano una rimozione rapida dei lupi.

 

Considerato quanto fin qui descritto, si propone al Consiglio di Stato di studiare anche soluzioni maggiormente incisive. In particolare è incaricato di:

 

  1. Sollecitare il Consiglio federale, in collaborazione con altri Cantoni, altrettanto toccati dal fenomeno, e con la Deputazione ticinese alle Camere federali affinché la richiesta di declassare il lupo da specie strettamente protetta a protetta già inoltrata dal Consiglio federale al Comitato permanente della Convenzione di Berna il 16 agosto 2018 sia affrontata ed evasa positivamente. Data l’espansione del lupo in tutti gli stati europei non vi è più nessuna ragione per mantenere la protezione assoluta del lupo decretata nel lontano 1979, quando la situazione era ben diversa da oggi.

 

  1. Richiedere al Consiglio Federale di adattare la legislazione in vigore sulla caccia, tenendo conto delle previsioni future per quanto riguarda le popolazioni di lupi e per salvaguardare la sicurezza della popolazione interessata.

 

  1. Aumentare l’aiuto finanziario del Cantone per sostenere maggiormente gli allevatori in occasione delle prevedibili future predazioni, attualmente non coperte da aiuti (spese per: foraggiamento straordinario, chiusura notturna delle greggi in stalla, scarico anticipato degli alpeggi, assunzione di un secondo pastore, ecc.).

 

  1. Richiedere alla Confederazione che venga ripristinato il Gruppo di pronto intervento già sperimentato negli scorsi anni che agiva con cani da protezione nel caso di attacchi sugli alpeggi.

 

  1. Fintanto che il Progetto di pianificazione delle misure di protezione degli alpeggi e di mappatura delle zone di vago pascolo in Ticino non sia concluso, farsi promotore verso la Confederazione affinché tutti gli alpeggi caricati con ovini non custoditi e gli alpeggi caricati con caprini, siano definiti “non proteggibili”.

 

  1. Ben coscienti che il lupo crea problemi ovunque dove vi sono animali al pascolo, considerata la particolare situazione del Ticino (zone particolarmente impervie, greggi di piccole dimensioni, vago pascolo) ripresentare alla Confederazione un’istanza affinché in Ticino, come già raccomandato dal Gran Consiglio nel lontano 2010, siano “definiti in tempi brevi differenti gradi di sensibilità del territorio al ritorno del lupo e che di conseguenza vengano stabilite soglie d’intervento differenziate, molto più sensibili e rapide per il nostro Cantone” (16).

 

  1. Infine, considerato come anche in Svizzera i lupi tendono ad avvicinarsi sempre più alle abitazioni, alle fattorie e alle vie di comunicazione nonché a spostarsi anche di giorno dimostrando di aver perso la loro natura selvaggia e il timore per l’uomo, dare inizio, in collaborazione con le Autorità federali, agli approfondimenti necessari per verificare l’applicabilità delle seguenti misure attive:
  • Tiri di inselvatichimento.

In Francia questa forma di dissuasione viene denominata “tirs d’effarouchement”. Si tratta di permettere ai guardiacaccia e agli allevatori designati il tiro con pallottole non letali allo scopo di allertare in maniera attiva il lupo a non avvicinarsi alle greggi al pascolo e agli abitati e a desistere dalle predazioni. È stato appurato che grazie a un’intelligenza spiccata il predatore percepisce rapidamente la situazione e desiste altrettanto rapidamente dall’avvicinarsi a zone abitate o a greggi. Il Governo è quindi sollecitato a chiarire la compatibilità di questa opzione con l’Ordinanza della Legge sulla caccia e se del caso a chiederne un emendamento e ad allestire le basi legali e i dispositivi necessari a questo tipo di intervento.

  • Tiri di contenimento.

Secondo modifiche mirate alla Legge federale sulla caccia e alle relative ordinanze, dovrebbe essere possibile procedere a operazione di contenimento della popolazione di lupi stanziali. Il Governo è quindi sollecitato a porre le condizioni per un monitoraggio a tappeto e a un censimento capillare dei predatori in circolazione. Il Governo è altresì invitato ad allestire un dispositivo legale per questo tipo di intervento.

 

  1. Sempre con lo scopo di tener lontano i lupi dai greggi al pascolo, si propone di dare mandato a un istituto di ricerca designato affinché approfondisca la fattibilità della invenzione e della messa in atto di nuovi mezzi tecnologici di dissuasione. La posa di dissuasori visivi e acustici già sperimentata da anni in Francia ha dimostrato una certa efficacità soltanto a breve termine. I lupi in genere si abituano facilmente a questi tipi di disturbo e con il trascorrere del tempo non servono a tenerli lontani dalle greggi (17). Sarebbe quindi interessante ideare e testare altri mezzi tecnologici che possano essere di dissuasione a un eventuale attacco alle greggi.

 

Firmatari: Sem Genini, Sergio Morisoli, Lea Ferrari, Sara Imelli, Fabio Schnellmann, Giovanni Berardi, Eolo Alberti, Sabrina Gendotti, Alessandro Speziali, Mauro Minotti, Roberta Soldati, Omar Terraneo, Lorenzo Jelmini, Giacomo Garzoli, Aron Piezzi, Daniele Pinoja, Luigina La Mantia, Alessandro Gnesa, Fabio Battaglioni

 

 

 

 

Letteratura citata:

  • Merz, Gli alpi del Canton Ticino, Soletta, 1911.
  • Donati, Monti, uomini e pietre, ed. Dadò, 1992.
  • Ferrari, L’allevamento ovicaprino in Ticino negli ultimi vent’anni: potenzialità e criticità; relazione al Convegno del 25 novembre 2017 quale futuro per l’allevamento ovicaprino in Ticino?
  • Barelli, Lupi, orsi,linci e aquile, ed. Jam, 2005.
  • Celio, L’espansione del lupo e le relative conseguenze; relazione al Convegno del 25 novembre 2017 quale futuro per l’allevamento ovicaprino in Ticino?
  • Dati Ufficio caccia e pesca, rielaborati (vedi tabella 1 e tabella 2, allegati).
  • VV. Metodi di custodia e perdite di bestiame nel Canton Ticino (Svizzera), 2000.
  • Piattini, Allevamento ovi-caprino e ritorno del lupo nel Canton Ticino, 2004.
  • Piattini e C. Solari, Vivere con il lupo, 2005.
  • Analisi strutturale per la messa in opera di misure di protezione delle greggi in Ticino, 2017.
  • UFAM Strategia Lupo Svizzera. 2016 (aggiornamento allegati 2018).
  • VV. Recinti di protezione contro il lupo (scheda tecnica), ed. Agridea, 2013.
  • UFAM, Aide à l’exécution sur la protection des troupeaux, 2019.
  • Testimonianze di E. Monaco e M. Cominelli al Convegno del 25 novembre 2017 quale futuro per l’allevamento ovicaprino in Ticino?
  • Il lupo in Svizzera, Scheda informativa, UFAM, 27.02.2020.
  • Rapporto della Commissione speciale bonifiche fondiarie dell’8 marzo 2010. 6046 R 6083 R.
  • Revelin, Les enjeux du pastoralisme face aux loups, Editions 7, 2017, cap. 13.